Novembre 21, 2024

Una delle caratteristiche più note delle gestioni separate – che ne fa un prezioso strumento di conservazione del valore economico nel medio-lungo periodo – è il meccanismo con cui vengono riconosciuti gli interessi sul capitale versato. Tale meccanismo è noto come “interesse composto”. Cerchiamo di capire come funziona.

Le gestioni separate in breve

Le polizze vita di risparmio o investimento che garantiscono contrattualmente la restituzione del capitale versato, al netto dei costi di apertura e gestione, sono polizze cosiddette “di Ramo I”. In questi contratti il capitale – versato in un’unica soluzione o tramite premi periodici – investe in un particolare fondo, non quotato sui mercati, detto gestione separata. La gestione separata è – semplificando – un grande contenitore prevalentemente di titoli a reddito fisso (titoli di stato, soprattutto), che vengono acquistati, contabilizzati al costo storico e in genere portati a scadenza, la quale è mediamente superiore ai dieci anni. Questo tipo di gestione degli asset impedisce ai titolari di tali polizze di subire le caratteristiche oscillazioni di valore tipiche dei fondi di investimento. Nello specifico, le gestioni separate non risentono affatto delle famigerate variazioni dello spread.

L’interesse

L’interesse sul capitale investito può essere di due tipi: semplice o composto.

L’interesse semplice

L’interesse è semplice quando, una volta maturato (per esempio alla ricorrenza annuale del contratto), non viene capitalizzato, ossia non viene aggiunto al capitale versato inizialmente. Per chiarirci con un esempio di fantasia, supponiamo di investire €1.000 in un prodotto finanziario che riconosce un interesse semplice del 2% fisso lordo ad ogni scadenza annuale, la cui durata contrattuale sia decennale. Detto in altri termini, la soluzione finanziaria in questione ci rilascia una cedola annuale di €20,00 lorde all’anno, che per dieci anni equivalgono ad €200,00 lorde. In dieci anni otterremmo così una rivalutazione del capitale investito pari al 20% lordo.

L’interesse composto

L’interesse è invece detto composto quando – al contrario dell’interesse semplice – questo viene capitalizzato: ad esempio, ad ogni ricorrenza annuale, esso si aggiunge al capitale precedente e contribuisce a generare interesse. Supponiamo questa volta che gli stessi €1.000 siano investiti per dieci anni in un prodotto che annualmente riconosca un interesse composto lordo fisso del 2%. Trascorso il primo anno i nostri €1.000 saranno diventati €1.020, esattamente come nel caso precedente relativo all’interesse semplice. La differenza sensibile tra i due meccanismi di rivalutazione la si osserva già alla scadenza del secondo anno: il capitale su cui calcolare l’interesse lordo del 2% non saranno più i soliti €1.000, bensì i €1.020. Il risultato alla seconda ricorrenza annuale sarà quindi pari ad €1.040,40. Riportiamo per completezza di seguito il calcolo per tutta la durata del contratto:

Anno 0: €1.000,00
Anno 1: €1.020,00
Anno 2: €1.040,40
Anno 3: €1.061,21
Anno 4: €1.082,43
Anno 5: €1.104,08
Anno 6: €1.126,16
Anno 7: €1.148,69
Anno 8: €1.171,66
Anno 9: €1.195,09
Anno 10: €1.218,99

L’interesse composto, agendo anche sull’interesse riconosciuto negli anni precedenti, fa incrementare in questo caso i miei €1.000 del 22% circa.

Gestioni separate ed interesse composto

Il meccanismo di valorizzazione del capitale investito in gestione separata è quello appena sopra descritto, nel quale l’interesse riconosciuto di volta in volta è composto. Certamente, nel lungo periodo, investire in gestione separata è un sistema efficacie per garantirsi dall’erosione dell’inflazione e – in certi periodi storici – anche per valorizzare sensibilmente le somme allocate. Bisogna però stare molto attenti ai costi frontali che tali contratti generalmente hanno, i quali – se pesanti – potrebbero non far percepire la bontà del meccanismo di rivalutazione riconosciuto.