Novembre 23, 2024

La questione relativa alla specificità dei contratti Unit linked, ossia se la loro natura sia o meno assicurativa – con tutto ciò che ne consegue – è già stata da noi affrontata con un apposito articolo l’aprile scorso. Nel marzo scorso, con una specifica sentenza, la 6319/2019, la Corte di Cassazione, praticamente, avallò la tesi che tali strumenti di investimento, se non dotati di una non marginale copertura del rischio demografico, debbano essere riqualificati come prodotti esclusivamente finanziari, con ciò perdendo i tradizionali requisiti dei contratti assicurativi vita, quali:

  • l’insequestrabilità e l’impignorabilità delle somme assicurate (Art.1923 del Codice civile);
  • l’esclusione dalla formazione dell’attivo ereditario;
  • il rinvio della tassazione sulle plusvalenze maturate e dell’imposta di bollo del 2 per mille al momento del realizzo (scadenza, riscatto o premorienza).

Storia di un caso

L’interpretazione che sta alla base della sentenza della Cassazione che abbiamo citato è certamente la stessa adottata dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Pavia la quale, il 5 novembre 2018, notifica ad un contribuente un avviso di accertamento avente ad oggetto una imposta sostitutiva par ad € 7.865,00 oltre sanzione ed interessi. L’accertamento riguarda la tassazione relativa a redditi da attività di tipo finanziario detenute all’estero relativi al periodo di imposta 2013: tali attività riguarderebbero la sottoscrizione di un prodotto finanziario collocato da una società lussemburghese. Più nel dettaglio, il contribuente avrebbe sottoscritto una soluzione finanziaria “mascherata” da polizza assicurativa al fine di evitare l’assoggettamento fiscale dei redditi da essa derivati in Italia: non versati all’erario risulterebbero €3.913,00, relativi all’imposta sostitutiva sui redditi da capitale ed €3.952,00 di Ivafe (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero). Questo perché il prodotto sottoscritto non risulterebbe essere, secondo l’ufficio pavese dell’Agenzia delle Entrate, polizza assicurativa così come disciplinata dall’Art.1882 del Codice Civile.
A quanto scrive l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il contratto presenta tutti gli aspetti tipici degli investimenti finanziari:

  • la possibilità di riscattare parzialmente quanto versato;
  • la possibilità di effettuare versamenti aggiuntivi liberi;
  • la presenza di un portafoglio di investimenti decisamente ampio;
  • l’assenza della garanzia di restituzione del capitale versato.

È proprio su quest’ultimo aspetto che si concentra la tesi dell’Agenzia delle Entrate: l’ammontare delle prestazioni del prodotto in questione dipende esclusivamente dall’andamento del mercati finanziari, ergo non è configurabile come prodotto assicurativo.

Strategia di difesa

Il contribuente ricorre presso la Commissione Tributaria provinciale di Pavia evidenziando svariate violazioni e false applicazioni di norme da parte della Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, tra le quali evidenziamo quelle più attinenti alle specificità assicurative:

  • Violazione e falsa applicazione dell’Art.1882 del Codice Civile, degli Artt.1 e 2 del Codice delle Assicurazioni Private e violazione di alcune direttive comunitarie (tra cui la 92/96/CEE, 2009/138/CE). In particolare il ricorrente evidenzia come la società emittente lussemburghese sia stata espressamente autorizzata ad operare in Italia in regime di Libera Prestazione di Servizi dall’ISVAP (oggi IVASS).
  • Violazione e falsa applicazione degli Artt.44 e 45 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e dell’Art.26-ter del DPR 600/1973. Da tali norme si evince infatti che costituiscono reddito, nelle polizze assicurative, i capitali corrispondenti alla differenza fra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati.

La sentenza

Il 7 novembre 2019 la Commissione Tributaria provinciale di Pavia, con la sentenza 447, accoglie il ricorso del contribuente, con la motivazione che il contratto in esame è, in tutto e per tutto, un tipico contratto di assicurazione sulla vita Unit linked, così come disciplinato dall’Art.2 del Codice delle Assicurazioni Private, in quanto tipico contratto di Ramo III.

Insomma, che natura hanno le polizze Unit linked?

Ci troviamo, oggi, di fronte a due interpretazioni contrapposte:

  • la prima, più restrittiva, espressa dalla Cassazione, che riconosce la natura assicurativa di un contratto Unit solo se si è in presenza di copertura del rischio demografico non marginale;
  • la seconda, più estensiva, abbracciata dalla Commissione Tributaria di Pavia, che non discrimina tra contratto e contratto sulla base della copertura demografica presente.

Alla luce di quanto visto, una decisione definitiva sulla natura di tali contratti ancora non è stata presa. Seguiremo pertanto l’eventuale evolversi del dibattito su questo tema, segnalando ai nostri lettori le ulteriori novità che dovessero presentarsi nei prossimi mesi.