L’Articolo 1919 del Codice Civile così recita :
“L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.
L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto”.
L’Articolo 1932 del Codice Civile, riferendosi all’inderogabilità delle norme sulle Assicurazioni, al LIBRO IV, TITOLO III, CAPO VENTESIMO, SEZIONE QUINTA, precisa :
“Le disposizioni degli artt. 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899 secondo comma, 1901, 1903 secondo comma, 1914 secondo comma, 1915 secondo comma, 1917 terzo e quarto comma e 1926 non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato.
Le clausole che derogano in senso meno favorevole all’assicurato sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge”.
Perché questo preambolo normativo?
Parlando dell’Assicurazione per Conto Altrui (a cui abbiamo dedicato un Articolo dettagliato) abbiamo visto come in questo caso il Contraente stipuli una polizza per conto di un altro soggetto, l’Assicurato.
Abbiamo, nello specifico, considerato il caso di un’Assicurazione Cumulativa Infortuni stipulata dall’Azienda (Contraente) per i suoi dipendenti (Assicurati). In questa fattispecie, in caso di sinistro i beneficiari della prestazione saranno gli stessi Assicurati o i rispettivi eredi legittimi.
Abbiamo, successivamente, analizzato il Caso delle polizze Key Man, stipulate dall’Azienda (Contraente) per il Caso di Morte di uno o più “uomini chiave” (Assicurati). L’obiettivo di questa copertura è tutelare l’Azienda stessa dalle perdite ottenibili in caso di decesso di uno degli uomini fondamentali (uno dei soci, un commerciale con portafoglio clienti ingente, un amministratore). Questa fattispecie è contemplata dall’Articolo 1919 del Codice Civile citato poc’anzi che impone il consenso dell’Assicurato o degli Assicurati per iscritto, pena la non validità e quindi la nullità del Contratto stipulato. In questo caso il Beneficiario in caso di Morte dell’Assicurato è la stessa Azienda Contraente e non gli eredi legittimi del defunto. Trattasi di una polizza che prevede nello specifico il Caso Morte.
Attenzione a questa precisazione, in quanto il Caso di Morte può essere previsto sia da un’Assicurazione Infortuni che da un’Assicurazione sulla Vita. La dottrina è d’accordo sull’assimilare le coperture relative al Caso di Morte e all’Invalidità Permanente alle Assicurazioni sulla Vita umana e quindi alla medesima normativa.
Nel caso dell’Assicurazione Cumulativa Infortuni presa ad esempio, l’Azienda potrebbe scegliere di inserire tra le garanzie sia il Caso Morte che l’Invalidità Permanente. Ma trattandosi di un’Assicurazione contro i Danni e non Vita, sarà necessario il consenso scritto degli Assicurati (dipendenti)?
La risposta sembrerebbe essere affermativa. Analizziamo nel dettaglio le varie possibilità :
Caso 1
Contraente : Azienda
Garanzie Prestate : Solo Caso Morte
Assicurati : Dipendenti
Beneficiari : Dipendenti o Azienda
In questo caso il consenso sembrerebbe indispensabile in quanto la copertura Caso Morte è del tutto assimilabile a quella prestata da un’Assicurazione sulla Vita (tranne per il fatto che quest’ultima tutela anche il decesso avvenuto per malattia). E’ quindi evidente il riferimento al secondo comma dell’Articolo 1919. A differenza, però, delle Assicurazioni sula Vita, dove è previsto esplicitamente in polizza il consenso scritto dell’Assicurato, nelle Assicurazioni contro i Danni (e l’Assicurazione Infortuni come visto rientra per definizione in questa categoria a prescindere dall’opinione della dottrina) vi è soltanto la sottoscrizione del Contraente.
Analizzando l’Articolo 1932, tra le norme non derogabili relative al Contratto di Assicurazione, non troveremo l’Articolo 1919. Per deduzione quest’ultimo potrebbe essere espressamente derogato. Infatti, in caso di mancata possibilità di esprimere il consenso scritto dei dipendenti, la polizza dovrebbe prevedere apposita appendice che espliciti la deroga all’Articolo 1919 del Codice Civile e precisamente al suo secondo comma.
Caso 2
Contraente : Azienda
Garanzie Prestate : Solo Invalidità Permanente
Assicurati : Dipendenti
Beneficiari : Dipendenti o Azienda
In virtù dei ragionamenti appena fatti, in tal caso non c’è bisogno del consenso scritto dei dipendenti. Rientreremmo, infatti, nella fattispecie prevista dal primo comma dell’Articolo 1919 che non è riferito al Caso Morte.
Caso 3
Contraente : Azienda
Garanzie Prestate : Caso Morte e Invalidità Permanente
Assicurati : Dipendenti
Beneficiari : Dipendenti o Azienda
In riferimento ai due casi appena analizzati, si evidenziano entrambe le fattispecie previste dall’Articolo 1919 e il consenso scritto dei dipendenti diverrebbe presupposto indispensabile per la stipula e la validità del contratto. In assenza del consenso, dovrebbe essere emessa apposita appendice che deroghi al secondo comma del 1919.
E’ interessante notare, infine, che la Sentenza di Cassazione n.5119 del 10 aprile 2002 impone l’applicazione dell’Art. 1910 del Codice Civile (Assicurazione presso diversi Assicuratori) e quindi l’obbligo di dare avviso sia al momento della stipula del contratto che in caso di sinistro a tutti gli Assicuratori dell’esistenza di altre Assicurazioni, anche in caso di Polizze Infortuni, a meno che non prevedano la sola copertura del Caso Morte (il riferimento è quindi all’Invalidità Permanente e altre garanzie).
La sentenza ha di fatto voluto evitare l’indebito arricchimento, applicando il principio indennitario anche nel caso di Invalidità Permanente. Ovvero ha voluto evitare che Tizio stipuli diverse Assicurazioni Infortuni con garanzia di Invalidità Permanente presso diversi Assicuratori senza darne avviso a nessuno riscuotendo così, in caso di sinistro, una prestazione da ognuno di essi e quindi un indennizzo superiore all’effettivo danno subito.
Una sentenza, a nostro avviso, che non considera un aspetto molto importante: Qual’è l’effettivo danno subito?. Se la dottrina stessa assimila anche l’Invalidità Permanente a una copertura attinente alla vita umana (in quanto potrebbe arrecare pregiudizio a qualsiasi tipo di attività dell’Assicurato) come mai si tenta poi di dare una quantificazione al valore della vita umana? La sentenza, inoltre, esclude dall’obbligo di avviso previsto dall’Articolo 1910 le Assicurazioni Infortuni che prevedano il solo Caso Morte, identificandole di fatto come Assicurazioni sulla Vita.
Potremmo dare alla nostra vita un valore inestimabile e, anche se il mio reddito ammontasse a € 20.000,00 l’anno e stipulassi un’Assicurazione Infortuni destinando alla garanzia Invalidità Permanente una somma di € 1.000.000,00 o 10 Assicurazioni Infortuni presso diversi Assicuratori con Invalidità Permanente da € 100.000,00 ognuna, non si ravviserebbe in alcun caso un indebito arricchimento in quanto, a prescindere dal mio lavoro e dal reddito, potrei quantificare una grave Invalidità Permanente (che mi costringerebbe non solo a non lavorare più ma a restare su una sedia a rotelle per tutta la vita) in qualsiasi modo, destinando a tale copertura qualsiasi somma io ritenga personalmente equa, facendo riferimento alla mia capacità economica di pagare uno o più premi di Assicurazione.
Non si tratta dell’Incendio di un’Abitazione che è quantificabile in maniera univoca e che come fattispecie potrebbe dare origine a un indebito arricchimento. Si tratta della mia vita e di quanto io desidera valutarla.
La sentenza ci troverebbe d’accordo qualora il riferimento fosse stato a garanzie diverse dall’Invalidità Permanente, ma sempre prestate attraverso la stipula di un’Assicurazione Infortuni. Ad esempio al Rimborso delle Spese di Cura sostenute a seguito di un infortunio. In questo caso il danno è oggettivamente quantificabile in quanto le spese sostenute (ticket sanitari, tutori, spese per il ricovero in istituto di cura, etc.) sono documentate e riportano esattamente le somme oggetto del rimborso da parte della Compagnia. Stipulando diverse Assicurazioni Infortuni presso diversi Assicuratori con questa garanzia, contravvenendo all’Articolo 1910, si otterebbe in caso di sinistro un indennizzo di pari importo da ogni Assicuratore e quindi oggettivamente molto più alto del danno subito. Si configurerebbe certamente un indebito arricchimento.
Ma questa è soltanto la nostra opinione e forse quella della maggior parte delle Compagnie di Assicurazione.
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