Da sempre acquistare un contratto assicurativo ha generato, tra i benefici, anche vantaggi di tipo fiscale. Oggi, nonostante vi sia stata negli ultimi anni nel settore una tendenziale riduzione delle agevolazioni in ambito erariale, ancora permangono notevoli vantaggi che è bene conoscere per sfruttare a pieno le soluzioni assicurative sottoscritte.
La detrazione fiscale nel ramo danni
I tradizionali contratti di copertura assicurativa su patrimonio (responsabilità civile), malattia ed auto, non offrono benefici di tipo fiscale. Dove invece interviene il meccanismo della detrazione è nel ramo infortuni e – grazie alla legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) – nelle polizze eventi catastrofali: vediamone i dettagli.
La detrazione fiscale per il caso morte e invalidità permanente
Sottoscrivendo una polizza infortuni è possibile portarne in detrazione parte del premio assicurativo, ovvero quello afferente al rischio morte e invalidità permanente (se non inferiore al 5%). Il legislatore prevede cioè che il 19% della parte di premio riferita ai rischi indicati sia detraibile, per un importo non superiore ai €530 (innalzato a €750 per i premi relativi al rischio morte al fine di tutelare le persone con disabilità grave).
Facciamo un esempio concreto: se il premio della mia polizza infortuni è pari ad €1.000 e la componente di esso relativa alla copertura caso morte e invalidità permanente è di €750, la somma da portare in detrazione è il 19% di €530 (limite massimo consentito), ovvero €100,70. Ciò significa che i €100,70 verranno sottratti da quanto devo al fisco nell’anno di competenza (se la polizza è pagata nel 2018, l’agevolazione fiscale sarà, ovviamente, relativa al 730 o Unico 2018). Per chiarezza e semplificando: se sono un autonomo e devo al fisco €10.000, per mezzo della detrazione verserò in realtà €10.000 – €100,70, ovvero €9.899,30. Se sono un dipendente, avendo già versato al fisco gli ipotizzati oneri 2018 pari a €10.000 tramite busta paga, riceverò nel luglio 2019 un rimborso, sempre in busta, pari a €100,70.
La detrazione fiscale nelle polizze catastrofali
Con la legge di bilancio 2018, al fine di incrementare soprattutto le coperture assicurative a tutela degli eventi sismici, il legislatore consente, per i contratti di questo tipo sottoscritti dal 1 gennaio 2018 di detrarne il premio al 19%. Al momento non è ancora stato stabilito se vi sarà, come per i premi relativi al caso morte e invalidità permanente, un limite massimo su cui applicare la detrazione: dovremmo aspettare indicazioni dall’Agenzia delle Entrate probabilmente nei primi mesi del 2019, in occasione della dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta 2018.
I benefici fiscali nel ramo vita
Dove i vantaggi fiscali si fanno piuttosto consistenti è nel ramo vita. Qui è bene distinguere tre tipologie di agevolazione: la detrazione, la deduzione e tassazioni agevolate sui capitali erogati.
La detrazione fiscale per i contratti con rischio morte e LTC (Long Term Care)
Il meccanismo di detraibilità per i contratti vita relativi al rischio morte è identico a quanto visto in relazione alla detraibilità delle polizze infortuni (ovvero il 19% per un limite massimo di €530). Diverso è il caso per le polizze che tutelano dalla perdita dall’autosufficienza (tecnicamente Long Term Care), un rischio longevità su cui la platea dei cittadini sensibili è fortemente in crescita negli ultimi anni. Per questo tipo di contratto, che generalmente prevede il pagamento di un premio per un numero determinato di anni e la cui prestazione assicurativa è l’erogazione di un assegno vitalizio nel caso si verifichi la non autosufficienza, la legge prevede un limite massimo di detraibilità al 19% più alto e pari ad €1.291,14. Ma che succede se si è sottoscrittori sia di una temporanea caso morte sia di una polizza LTC? Come calcolare l’importo detraibile?
Facciamo un primo esempio: se sono sottoscrittore sia di una polizza caso morte il cui premio è pari ad €400 sia di una polizza LTC il cui premio è pari a €1.000, detrarrò il 19% di €400, ovvero €100 e il 19% sul minimo valore tra il premio LTC e la differenza tra il limite massimo per l’LTC (€1.291.17) e i €400 della polizza caso morte, ovvero su €891,17, cioè ulteriori €169,32.
Facciamo un secondo esempio: se sono sottoscrittore sia di una polizza caso morte il cui premio è pari ad €400 sia di una polizza LTC il cui premio è pari a €300, detrarrò il 19% di €400, ovvero €100 e il 19% sul minimo valore tra il premio LTC e la differenza tra il limite massimo per l’LTC (€1.291.17) e i €400 della polizza caso morte, ovvero su €300, cioè ulteriori €57.
La deducibilità fiscale nei Piani Individuali di Previdenza (PIP)
È la previdenza complementare a fornire il massimo beneficio fiscale ai contratti assicurativi. Dal 1 gennaio 2007 i Piani Individuali di Previdenza (PIP) affiancano i Fondi pensione negoziali ed aperti nell’offerta pensionistica integrativa. I PIP sono polizze vita a versamenti unici aggiuntivi liberi (si è liberi cioè di decidere se, quanto e quando versare) in cui il contraente coincide necessariamente con l’assicurato e il beneficiario caso vita. La durata contrattuale è definita per legge ed è agganciata all’età in cui vengono maturati i requisiti per la previdenza pubblica: vi può aderire chiunque abbia un età inferiore di almeno un anno a quella in cui si maturano i requisiti di vecchiaia per la quiescenza. Non soltanto lavoratori, quindi, ma anche bambini, inoccupati e disoccupati. I PIP possono investire sia in gestione separata, con garanzia del capitale, sia in fondi interni. Al termine del piano, l’aderente, se ancora in vita, potrà ottenere una rendita integrativa vitalizia. L’incentivo molto forte che lo Stato fornisce ai sottoscrittori di un PIP è la deducibilità del premio versato – sino a un massimo di €5.164,57 – dal reddito imponibile lordo. Ciò significa che la somma versata nell’anno di imposta sul piano pensione va ad abbattere l’imponibile su cui si calcola l’IRPEF.
Facciamo un esempio: se si è sottoscrittori di un PIP su cui quest’anno si è versato il massimo deducibile, cioè €5.164,57, e si ha un reddito imponibile lordo ai fini IRPEF pari ad €30.000, in fase di dichiarazione dei redditi scorporeremo l’importo versato sul PIP dal reddito dichiarato, ovvero sottrarremo dai €30.000 i €5.164,57, giungendo alla cifra su cui verrà calcolata l’imposta, che nel nostro caso è pari ad €24.835,43. Essendo l’IRPEF una imposta progressiva, a scaglioni (si paga il 23% sui primi €15.000 di reddito; il 27% dai €15.000 ai €28.000; il 38% dai €28.000 ai €55.000, il 41% dai €55.000 ai €75.000, il 43% sopra i €75.000), il calcolo da fare, nel nostro esempio, è il seguente:
- Pagheremo il 23% sui primi €15.000, ovvero €3.450;
- Pagheremo il 27% dai €15.000 a €24.835,43, ovvero €2.655,57
Complessivamente quindi un esborso erariale pari ad €6.105,57. Si noti che se non avessimo versato i €5.164,57 sul PIP, avremmo pagato:
- il 23% sui primi €15.000, ovvero €3.450;
- il 27% dai €15.000 a €28.000, cioè €3.510;
- il 38% dai €28.000 a €30.000, ossia €760.
Totale esborso: €7.720. Il risparmio fiscale, nel nostro caso, è pari ad €1.614,43.
Alcune considerazioni importanti da fare:
- All’estinzione del PIP, quando cioè l’aderente fa richiesta per la liquidazione, egli deve dichiarare alla compagnia assicurativa i premi che ha dedotto nel corso degli anni. Questo perché lo Stato applica al termine del piano, solo sulle somme portate in deduzione, una aliquota fiscale agevolata e flat del 15%, che può scendere sino al 9% se la permanenza sul PIP è uguale o superiore a trentacinque anni.
- L’IRPEF è una tassazione a scaglioni e progressiva sui redditi delle persone fisiche ma che – in certi casi – può essere sostituita da regimi forfettari agevolati (ad esempio IRPEF flat al 15% o al 5% per le partite IVA individuali con redditi non superiori ai €30.000). In tali casi il vantaggio fiscale viene meno, poiché questi regimi forfettari non consentono né deduzioni né detrazioni fiscali (al netto, ovviamente, dei contributi previdenziali obbligatori).
Plusvalenze a tassazione agevolata: rivalutabili, PIP e Piani Individuali di Risparmio (PIR)
Strumenti di risparmio di tipo assicurativo quali le classiche polizze vita rivalutabili, i PIP e i Piani Individuali di Risparmio (PIR) rappresentano, in gradi diversi, soluzioni vantaggiose sul lato della fiscalità applicata alle plusvalenze rispetto alla genericità degli strumenti di risparmio presenti sul mercato. Vediamone i dettagli.
Le polizze rivalutabili, che investono in gestione separata, consentono di avere una tassazione sulle plusvalenze maturate inferiore rispetto a strumenti di investimento e risparmio di tipo finanziario (depositi bancari, fondi comuni). L’aliquota fiscale applicata su questo tipo di prodotti non è infatti il 26% bensì si attesta intorno al 18-20% e ciò dipende dal fatto che le gestioni separate non sono altro che enormi contenitori di titoli di stato (presenti in esse per un 75-80%), la cui tassazione è ancorata ormai da anni al 12,5%, con una marginale presenza di strumenti finanziari (presenti al 25-20%) e tassati al 26%.
I PIP vedono le plusvalenze tassate con una aliquota al 20% – anziché al 26%, come tutti i prodotti finanziari – ma anche per essi, se i capitali vengono investiti in gestione separata, valgono le regole descritte a proposito delle polizze rivalutabili, con una aliquota reale a cavallo – stavolta – tra il 12,5% e il 20%.
Infine i PIR, novità introdotta dal legislatore con la legge di stabilità del 2017 per favorire gli investimenti retail nel settore delle piccole e medie imprese italiane. I Piani Individuali di Risparmio possono assumere diverse forme giuridiche, fra cui anche quella assicurativa. I PIR prevedono un versamento massimo, per anno, di €30.000 per persona fisica residente in Italia, con un limite d’investimento massimo di €150.000. Ogni singolo individuo può sottoscriverne solo uno. Il vantaggio fiscale consiste nell’avere plusvalenze completamente detassate se il PIR viene mantenuto in essere per almeno cinque anni dalla sottoscrizione.