Ottobre 30, 2024

Chiunque, in età lavorativa, rifletta sul suo futuro previdenziale, è inevitabile che si ponga alcune domande sul cosa fare concretamente nel presente. Conviene fare un fondo pensione? Quanto è opportuno versarci annualmente? E se perdo il lavoro cosa succede ai miei soldi accumulati? E se decido di emigrare all’estero? È evidente che pensare alla propria pensione significa pianificare sin da adesso diversi passaggi con strategia. Vediamo assieme cosa si può fare.

I giovani e la pianificazione previdenziale

Per chi ha meno di trent’anni oggi la pensione appare come una chimera: non sanno né se né quando ci sarà. Stime recenti individuano l’età pensionabile per i giovani oltre i settant’anni. Questo aspetto – ovvero l’età pensionabile futura – è una delle variabili fondamentali per iniziare a capire come muoversi adesso, in un’ottica di futura integrazione dell’assegno previdenziale pubblico. L’altra variabile è – ovviamente – l’attuale capacità di risparmio. Infatti, un elemento da tenere presente è la precarietà che probabilmente caratterizza e caratterizzerà la prospettiva lavorativa degli under trenta negli anni a venire. Precarietà che si accompagna in genere anche a bassi salari, che difficilmente consentono una capacità di risparmio adeguata.

Fondi pensione o piani di risparmio?

Alla luce di quanto scritto, la domanda: conviene fare un fondo pensione? assume una connotazione ben precisa. Abbiamo trattato i fondi e i piani pensione più volte. Una buona sintesi è rintracciabile in questo articolo. Possiamo riformulare la domanda nel seguente modo: ha senso accantonare poche risorse annualmente in un prodotto che non posso liquidare del tutto prima dell’età pensionabile? Indubbiamente la libertà nel versare è un vantaggio, ma l’attuale disciplina della previdenza supplementare non contempla la possibilità di liquidare il montante maturato in anticipo, ad esempio per investirlo in una attività in proprio o per utilizzarlo come liquidità per iniziare una nuova vita all’estero. Più funzionale, in quest’ultimo senso, è un piano di risparmio il quale, pur avendo natura forzosa, consente – dopo un breve numero di anni: dai tre ai cinque – di poter liquidare tutto con penali nulle o comunque sostenibili. Sui piani di risparmio assicurativi ci siamo dilungati qui, in un articolo sulle polizze rivalutabili, Unit ed Index Linked.

Gli over 40 e la previdenza integrativa

Discorso diverso è quello relativo a chi nel mondo del lavoro c’è già da qualche anno. Professionisti, impiegati, operai, artigiani, commercianti che hanno superato i quarant’anni possono generalmente contare in almeno – mediamente – dieci anni di contribuzione pubblica, e puntare in effetti ad una sua integrazione, piccola o grande che sia, contando anche su una carriera lavorativa teoricamente più stabile. In tal caso affidarsi ai PIP (Piani Individuali di Pensione), ai fondi pensione di categoria o ai fondi pensione aperti può avere senso. Può anche essere sfruttato, per chi lo ha, il solo TFR (trattamento di fine rapporto), destinandolo ad incrementare il proprio fondo di pensione supplementare. Inoltre, i vantaggi fiscali che la previdenza integrativa offre in fase di accumulo sono sicuramente appetibili da coloro che hanno capacità di risparmio. Abbiamo trattato il tema dei vantaggi fiscali dei contratti assicurativi qui.

I senior e i vantaggi fiscali dei piani di previdenza

Per chi si avvicina alla terza età, la prospettiva è completamente diversa. Coloro che sono alla fine della propria carriera lavorativa non hanno certo bisogno di incrementare il proprio assegno previdenziale; possono però puntare a costruirsi una liquidazione integrativa defiscalizzata. I vantaggi fiscali della previdenza supplementare, uniti al breve periodo della fase di accumulo, possono ingenerare una spirale virtuosa che consente di versare anche somme considerevoli, capaci di abbattere l’IRPEF, e recuperare interamente il montante al momento della quiescenza, senza dover passare necessariamente dalla sua trasformazione in rendita vitalizia.

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