Ottobre 12, 2024

“Malasanità” è ormai un neologismo entrato nell’uso comune ed è sinonimo di cose abbastanza diverse tra loro: può indicare sia i casi di corruzione purtroppo presenti ad esempio nella sanità pubblica sia l’errore medico. Quest’ultimo, che può includere diagnosi sbagliate, interventi chirurgici errati, cure dannose, è il tipo di “malasanità” che ci interessa considerare parlando di polizza di responsabilità civile professionale in ambito sanitario.
Negli ultimi anni si è assistito in Italia ad un aumento molto sensibile delle richieste di risarcimento, rivolte sia a singoli professionisti sia a strutture sanitarie: una crescita vertiginosa che ha spinto il legislatore ad emanare una legge, la n.24 dell’8 marzo 2017, detta legge Gelli, volta a disciplinare in maniera più organica la problematica dei risarcimenti e delle responsabilità in ambito sanitario. Vediamo più in dettaglio che cosa stabilisce la legge e che ricadute ha in ambito assicurativo.

La legge Gelli

“La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.” Così recita l’Art.7 della legge Gelli: ciò significa che responsabile civilmente, nei confronti del paziente danneggiato, è sempre la struttura sanitaria. Contestualmente, al comma 3 del suddetto articolo, si legge:
“[l]’esercente la professione sanitaria […] risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.”
Di fatto si vuol dire che la struttura sanitaria, che è debitrice nei confronti del terzo danneggiato, ha facoltà legittima di rivalsa nei confronti del professionista. Ergo, quest’ultimo ha quantomeno la necessità di coprirsi con una polizza di responsabilità civile che lo tuteli dalla colpa grave. E infatti, al comma 1 dell’Art.9, il legislatore esplicita che “[l]’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.” Poiché il dolo non può essere mai coperto da una polizza assicurativa, è la colpa grave ad essere oggetto di tutela.

L’Art.10 della legge: l’assicurazione obbligatoria

Con questo articolo, la legge stabilisce che tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di adeguata tutela assicurativa per responsabilità civile verso terzi e verso i prestatori d’opera. Anche i singoli liberi professionisti, sia che operino al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche o private sia che vi operino all’interno ma in regime libero-professionale (cosiddetta attività intra-moenia) hanno l’obbligo di stipulare una propria polizza assicurativa di responsabilità civile professionale, come peraltro già stabilito dal DL n.138 del 13 agosto 2011. Per i professionisti che invece operano – a qualunque titolo – all’interno delle strutture sanitarie è invece fatto obbligo di stipulare, a proprie spese, una adeguata polizza per colpa grave.

La mancata emanazione dei decreti attuativi

Riepilogando, il quadro normativo appare piuttosto chiaro. In sostanza:

  • Ogni struttura sanitaria pubblica o privata deve avere adeguata copertura assicurativa RCT (Responsabilità civile verso terzi) ed RCO (Responsabilità civile operai) ;
  • Ogni professionista sanitario operante – a qualsiasi titolo – all’interno di una struttura sanitaria deve avere adeguata copertura per colpa grave;
  • Ogni libero professionista che opera al di fuori di strutture sanitarie deve avere una adeguata polizza di responsabilità civile professionale.

Il problema però sorge – se vogliamo – in relazione alla adeguatezza delle coperture professionali. Il legislatore infatti aveva stabilito che – entro centoventi giorni dall’emanazione della legge Gelli – sarebbero dovuti entrare in vigore i decreti attuativi, nei quali avrebbero dovuto essere “determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati.” La mancata emanazione di tali decreti rende, ad oggi, parzialmente se non del tutto inapplicabile la legge Gelli, soprattutto nelle sue ricadute assicurative.

Assicurarsi comunque?

Nell’attesa dei chiarimenti necessari da parte del legislatore, comunque, i singoli professionisti hanno l’obbligo di dotarsi di una loro copertura di responsabilità civile, estesa o limitata alla sola colpa grave, a seconda del loro inquadramento. Stabiliranno loro stessi pertanto, in questa fase di vacatio legis, quali siano i massimali, le franchigie e gli scoperti adeguati, scegliendo tra le offerte messe loro a disposizione dalle compagnie assicurative. Va ricordato, comunque, che l’obbligatorietà della polizza riguarda tutti gli esercenti la professione sanitaria e quindi sia le ovvie figure professionali come i farmacisti, i medici, gli odontoiatri, i veterinari e gli psicologi, sia le professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche, le professioni sanitarie riabilitative, le professioni tecnico-sanitarie di area diagnostica, nonché le professioni tecnico-sanitarie di area assistenziale (come ad esempio i tecnici ortopedici, gli igienisti dentali e i dietisti).