Dicembre 12, 2024

Da almeno cinque o sei anni sono comparse, sul mercato assicurativo italiano, soluzioni di investimento “ibride”, le quali coniugano – o, meglio, cercano di coniugare – le due naturali richieste che un cliente poco avvezzo al rischio finanziario di solito formula:

  1. proteggere il proprio investimento;
  2. ricercare la massima redditività possibile, tenendo fermo il punto 1.

Con il termine “ibrido” ci riferiamo ad un contratto assicurativo multi-ramo; nello specifico, un mix tra Ramo I e Ramo III. Ricordiamo che per Ramo I intendiamo sostanzialmente, oltre alle polizze caso morte, le polizze di risparmio e investimento in gestione separata, mentre per Ramo III si intende – sintetizzando – l’insieme delle polizze Unit e Index Linked. La logica che sta dietro questo tipo di prodotti – dal lato della compagnia assicurativa – è la necessità di preservare il valore delle gestioni separate: ricordiamo infatti che queste ultime generalmente investono in maniera massiccia in titoli di stato. Il raffreddamento degli interessi riconosciuti negli ultimi anni da questi asset – basti pensare che, nei giorni in cui scriviamo, il BTP decennale stacca cedole inferiori all’1% e i corrispondenti titoli tedeschi sono addirittura ad interesse negativo -, spinge i gestori di queste speciali gestioni finanziarie a limitare l’immissione in esse di nuova liquidità a fronte di nuovi contratti stipulati. Liquidità aggiuntiva significa infatti in genere necessità di nuovi acquisti di titoli di stato, il che rischia seriamente di “annacquare” (si legga: ridurre drasticamente) gli attuali rendimenti proposti dalle gestioni stesse. Ad oggi, il rendimento medio di una gestione separata, al lordo di eventuali trattenuti e oneri tributari, è circa pari al 3%, il quale può scendere al di sotto del 2% se si considerano costi e imposte. Dal momento che contratti puri di Ramo III (Unit o Index) sono senz’altro troppo esclusivi per il tradizionale mercato degli investitori assicurativi, la compromissione di questi ultimi con il rassicurante mondo delle gestioni separate può senza dubbio attrarre di più. La scommessa, per le fabbriche prodotto delle compagnie assicurative, è che questi prodotti ibridi sostituiscano gradualmente nel tempo le soluzioni al 100% in gestione separata, garantendo al meglio il valore di queste ultime nel lungo periodo.

Dalla garanzia alla protezione

La caratteristica forse più nota dei contratti in gestione separata è che questi garantiscono il capitale versato. Non solo: in genere viene offerto anche il consolidamento degli interessi riconosciuti. Ciò significa, per un cliente, avere certezza non soltanto che riavrà indietro il capitale (al netto di eventuali costi), ma anche che questo, nel tempo, crescerà necessariamente. Ma che succede nei contratti misti? È chiaro che l’intero investimento – in parte investito in gestione separata e in parte, ad esempio in un fondo o una linea multi-comparto – non potrà essere garantito. I fondi interni assicurativi, così come le linee multi-comparto (che altro non sono se non fondi di fondi) sono esposti sui mercati regolamentati e il valore delle loro quote varia quotidianamente. Questo significa che è possibile avere perdite di valore del proprio capitale investito dovute alla componente più speculativa del prodotto, quella cioè legata a fondi di investimento. Per venire incontro ai tradizionali investitori “prudenti” del mondo assicurativo, si è escogitata una soluzione interessante: anche se l’intero investimento non può più essere garantito, è sempre possibile però proteggerlo nel lungo periodo. E ciò può essere fatto almeno attraverso due meccanismi tecnici che è bene qui descrivere brevemente.

La protezione progressiva

Una prima tecnica di protezione del capitale investito in un prodotto ibrido è legata al meccanismo della capitalizzazione composta degli interessi tipico delle gestioni separate. Per chiarire il concetto, supponiamo di investire oggi un capitale di valore nominale pari a 70 in una gestione separata la cui redditività media sia del 3% composto annuo. Calcolatrice alla mano, è facile osservare come in dodici/tredici anni il nostro investimento sarà diventato pari a 100. Ora, supponiamo stavolta di avere un capitale da investire pari a 100 e di collocarlo su una polizza ibrida che automaticamente alloca il 70% del capitale in gestione separata e il restante 30% su un fondo o linea multi-comparto. Possiamo osservare che dopo dodici o tredici anni il 100% del mio investimento mi dovrebbe venir interamente restituito grazie al meccanismo di capitalizzazione composta degli interessi sulla gestione separata. Anche se il restante 30% subisse una radicale perdita di valore, ad esempio si dimezzasse, a conti fatti in dodici/tredici anni avrei guadagnato circa un 15%. Ovviamente non può essere garantito che la gestione separata confermi ogni anno lo stesso rendimento del 3%: per tale motivo si parla solamente di protezione a scadenza o a partire da un certo momento della vita del contratto (“traguardo”).

Il controllo della volatilità

Un altro metodo, questa volta più finanziario, è quello di far si che la parte più speculativa dell’investimento possegga al suo interno una sorta di “paracadute”. Un prodotto ibrido di tal genere solitamente alloca metà del capitale in gestione separata – e, su questa parte dell’investimento vengono prevalentemente mantenute tutte le caratteristiche assicurative tipiche, ovvero, in sintesi, garanzia e consolidamento – e metà in un fondo di fondi, la cui specificità è quella di essere, come si dice, “a volatilità controllata”. Nel lessico finanziario, per volatilità si intende la misura della variazione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario nel corso del tempo: nel nostro esempio, ovviamente, si tratta della variazione del prezzo delle quote del fondo. I fondi utilizzati in questi prodotti ibridi, attraverso una attenta diversificazione, l’uso di una buona dose di flessibilità e di specifici algoritmi, consentono all’investitore di avere un controllo, in termini percentuali, delle oscillazioni del valore delle proprie quote. Ciò significa che il cliente è in grado di scegliere il livello di oscillazione che egli è disposto ad accettare in un determinato lasso di tempo.